Il lato oscuro dei social media

La solitudine delle connessioni

Il lato oscuro dei social media

Aristotele definiva l’uomo un animale sociale e chi vive escluso dalla comunità è malvagio o è superiore all’uomo, come anche quello che viene biasimato da Omero: “empio senza vincoli sociali”; infatti, un uomo di tal fatta desidera anche la guerra.

L’essenza dell’uomo non può prescindere dalle connessioni sociali, connessioni che oggigiorno hanno perso quel “tocco di fascino”, a causa della migrazione sulle piattaforme social e dunque molte volte “svuotate” del rapporto personale, fatto di calore umano, empatia e linguaggio del corpo. Questa “nuova era dei rapporti sociali” porta indubbiamente a numerosi vantaggi, quali, ad esempio:

  • possiamo interagire e dialogare con persone che si trovano in ogni parte del mondo;
  • una semplice ricerca all’interno dei social network è sufficiente per ricevere direttamente tutte le informazioni che desideriamo;
  • sono sempre più numerosi gli spazi digitali impiegati come vetrina per mostrare e vendere prodotti, sia all’interno della piattaforma stessa che reindirizzando i clienti verso il proprio sito web, incrementando notevolmente i fatturati aziendali;
  • i social network e il web possono fungere anche da spazi di conoscenza e apprendimento (attenti alle fake news!).

Ma, come avviene in quasi ogni ambito della vita umana, gli strumenti a nostra disposizione possono essere estremamente utili quanto nocivi, dipende dall’utilizzo che se ne fa. Questo articolo vuole soffermarsi sulle conseguenze che si possono verificare in caso di erroneo o smodato utilizzo dei social network.

Dietro quest’ultimi si cela infatti un “lato oscuro”. Specialmente negli adolescenti il loro uso può influire sulla formazione dell’identità personale e sull’autostima. Se analizziamo ciò dal punto di vista psicologico, le persone che arrivano a sviluppare una dipendenza da smartphone e da internet, possono persino arrivare ad isolarsi dal mondo esterno (sindrome di Hikikomori) o comunque vivere in maniera alterata le relazioni personali “reali”. Al giorno d’oggi nessuno è mai solo con sé stesso, si è costantemente connessi, perennemente raggiungibili e, essendo abituati a vivere in questo mondo, anche staccarsi dal cellulare per poche ore può causare nervosismo e/o stress.

Uno studio scientifico rivela che i social media avrebbero un effetto importante sul cervello umano: infatti, ad esempio, ricevere commenti positivi su una propria pagina social attiverebbe un’area del cervello, il nucleus accumbens, coinvolta anche nei fenomeni di ricompensa e pensate… è la stessa area coinvolta nei meccanismi delle dipendenze da droghe.

Nel Manuale Diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5) è ad oggi riconosciuta come dipendenza comportamentale solo il gioco d’azzardo patologico. Nell’ultima sezione del manuale sono evidenziati dei suggerimenti per l’aggiunta della dipendenza da internet (IAD) come patologia mentale. L’IAD è ufficialmente riconosciuta da alcune associazioni di settore, come la American Psychological Association, ma non dall’Organizzazione mondiale della sanità, e non è inclusa nel DSM-5, l’ultimo aggiornamento del manuale di riferimento per i disturbi mentali. La causa della non inclusione è dovuta al dibattito in corso se considerare la dipendenza da Internet una malattia o un problema sociale e di comportamento. Il termine “IAD” venne coniato da Goldberg nel 1995 per riferirsi ironicamente ad una nuova patologia, ne descrisse i sintomi e li pubblicò all’interno del proprio sito:

  • ansia
  • craving
  • necessità di collegarsi per ore
  • movimenti involontari delle dita per digitare

Nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione, cominciarono ad arrivare numerosi messaggi da persone che riscontravano in sé questi sintomi e così venne alla luce la portata della patologia. La prima studiosa a definire i criteri della IAD fu Kimberly Young definendola in base alla presenza dei seguenti criteri:

  • preoccupazione
  • tolleranza
  • astinenza
  • mancato controllo
  • uso maggiore rispetto al previsto
  • mentire sull’uso
  • utilizzo di Internet per sfuggire a umore disforico

Analizzando la sintomatologia è automatico il collegamento tra la dipendenza da internet e la dipendenza da droghe, in quanto la sintomatologia descritta è pressoché identica.

Ma in pratica, come si traduce questo lato oscuro?

La facilità con la quale ognuno di noi può aprire un profilo falso, porta, ad esempio, ai possibili adescamenti online, fenomeno in continua crescita, dove gli adescatori conquistano la fiducia dei minori, la maggior parte delle volte, per poi incontrarli e infierire su di loro psicologicamente ma anche fisicamente. Una delle attività più esercitate dagli adolescenti oggi, è quella di postare sulle proprie pagine social foto di sé stessi, l’opinione altrui diventa fondamentale, l’essere apprezzati e validati dai pari è molto importante e l’assenza di un feedback positivo potrebbe innescare una reazione emotivamente disfunzionale in quei soggetti che hanno una bassa autostima di loro stessi e che quantificano il loro valore sul numero di like ricevuti ad una foto. Ciò porta a problematiche di salute mentale, come disturbi dell’immagine corporea, problemi alimentari e disturbi dell’umore, sindromi depressive e ansia. I social network sono anche spesso utilizzati come mezzo “sicuro” dai cyberbulli, o come si dice, dai “leoni da tastiera”, perché protetti dall’anonimato.

Il cyberbullismo può diventare come un’ombra, non ti lascia modo di respirare e spesso non ci si rende conto delle conseguenze sul prossimo: depressione, fino ad arrivare ad istinti suicidi.

Personalmente, auspico che l’uomo, che con il proprio genio ha creato questi strumenti utili e al giorno d’oggi, impossibile negarlo, indispensabili, riesca a trovare il modo, soprattutto per i più giovani, di controllarne l’uso. Riesca a stabilire, nell'ambito dell’educazione familiare o perché no, proprio con delle norme di fruizione, dei “paletti salvavita” per far sì che l’allarme IAD rientri e che il fascino delle relazioni personali “reali” riprenda vigore.

 

Fabio, CEO di Crescita Smart

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